Tab Article
Se ci si interroga sui rapporti degli scrittori con la modernità è evidente che D'Annunzio entra direttamente, forse più di tanti altri, nel cuore del problema. Il suo stesso modo di essere è dentro le cose che vivono e palpitano, anche nella consapevolezza della metamorfosi incessante a cui è sottoposta la realtà. Questo libro conferma l'idea di un intellettuale profondamente in sintonia con la contemporaneità, di cui raccoglie e utilizza tutti gli stimoli possibili. L'armonia dell'essere oggettivo con l'universo - ebbe a scrivere egli stesso - si raggiunge solo con l'immersione dell'artista moderno nelle correnti vitali, mettendo in contatto la propria con l'anima collettiva. Questa è la strada maestra per divenire - come D'Annunzio fu - l'interprete autentico del proprio tempo: nell'entusiasmo per la tecnologia (l'automobile, l'aereo), per i mezzi di comunicazione più immediati (il giornalismo, le interviste), per la grande editoria e la distribuzione del libro, per la modernizzazione dei classici e della musica, per il linguaggio dello sport in contesti sempre più competitivi. Quella a cui D'Annunzio si rivolge, non senza un sorprendente spirito profetico, è una società già abbrutita dall' utile, dai sistemi bancari e finanziari, a danno della crescita dell'uomo che dovrebbe invece essere al centro del processo evolutivo arricchendolo e civilizzandolo. La dimensione della bellezza non è un astratto pellegrinaggio nelle regioni del disimpegno e dell'evasione, ma uno strumento che ha il compito di penetrare nelle fibre più intime del sociale e delle istituzioni. "La fortuna d'Italia - asseriva - è inseparabile dalle sorti della bellézza, cui ella è madre" (Agli elettori di Ortona, 1897).